L’altro giorno in un gruppo di pratica di cui faccio parte una ragazza ha condiviso un dubbio che la affliggeva:
Come è possibile che io “meriti” l’amore e l’affetto di qualcuno, se non faccio/do/raggiungo qualcosa ?
Questa domanda ha scatenato un sacco di cose in me…
Quello che penso che sia successo quando ero bambino (o se vuoi, la storia che mi racconto) è che non ho ricevuto l’affetto di cui avevo bisogno da parte dei miei genitori (soprattutto da parte di mia mamma), per il semplice fatto che i miei genitori erano troppo presi dai loro problemi di relazione tra loro due.
Ogni essere umano ha bisogno di soddisfare 2 bisogni fondamentali:
- essere sè stesso
- essere in connessione/relazione con altri
Pur di ricevere l’affetto di mia madre, sin da bambino ho iniziato a prendermi cura di lei: ho imparato a riconoscere i suoi stati d’animo e tentavo di precedere i suoi bisogni. Quando ci riuscivo, il premio era attenzione ed affetto da parte sua. Dopo tante iterazioni, ho formato la convinzione che per meritare amore, devo dare e prevenire i bisogni di altri.
Questo ha avuto 2 conseguenze:
- sono diventato discretamente bravo a cogliere lo stato d’animo di chi ho davanti da microsegnali corporei o dal tono della voce e tendo spesso a prevenire i bisogni di chi mi sta intorno
- ho formato la convinzione che per meritare amore io debba dare, fare, performare e di conseguenza faccio molta fatica a chiedere ciò di cui ho bisogno e – soprattutto – rilassarmi e darmi il permesso di ricevere (ciò che ho chiesto, un complimento, un regalo inatteso)
Un’esperienza che mi ha scioccato
A proposito di meritare amore, c’è stata un esperienza con mia figlia, che mi ha segnato profondamente. Non ricordo esattamente che età avesse mia figlia (2, al massimo 3 anni), ma mi ricordo esattamente dove ci trovavamo. E’ stata la prima volta in cui ho detto a mia figlia:
Giulia, ti voglio bene perchè sei Giulia e non perchè fai (o NON fai) qualcosa…
Ho visto mia figlia letteralmente espirare e rilassare le spalle, come se fosse stata sollevata da un’enorme peso.
Rendermi conto che, già ad un’età così tenera, mia figlia stesse vivendo il peso delle aspettative altrui (molto probabilmente quelle mie e di mia moglie) o delle tensioni che c’erano in casa, mi ha scioccato e fatto molto riflettere.
Da allora ho iniziato a dire a mia figlia (ma anche a mia moglie) con una certa regolarità che le voglio bene, perchè è lei.
Il ritorno all’amore incondizionato
Oggi penso che io sia nato come un essere degno di amore a prescindere di ciò che faccio (o non faccio). Non a caso diciamo un “essere” umano, mica diciamo un “fare” umano. Ed essere in presenza di persone che mi vogliono bene e che mi amano senza motivo, è un’esperienza in cui anch’io posso veramente essere me stesso ed essere in connessione con loro, semplicemente essendo (senza dover fare o dare). E’ un’esperienza bellissima che cura l’anima.
Il mio compito è quindi diventato rimuovere tutti i condizionamenti ricevuti e di tornare a quell’origine di puro amore.
Sempre nel gruppo di pratica di cui ti ho parlato all’inizio dell’articolo una persona mi ha detto: “Alexander, ti voglio bene perchè sei Alexander.”
Non ci crederai, ma mi ha fatto uno strano effetto: ho provato un turbinio di emozioni, come un fuoco d’artificio, ma anche una punta di resistenza.
Non escludo che re-imparare ad amare me stesso e gli altri incondizionatamente, sia un percorso che duri tutta la mia vita. Ma sono convinto che ogni piccolo passo in avanti, sia qualcosa in cui valga la pena impegnarmi.
Qualche spunto di riflessione
- Tu pensi di meritare amore semplicemente perchè sei tu oppure pensi che devi fare qualcosa per meritarlo ?
- Quando pensi ad una persona che ami, la ami per quello che fa ?
P.S: visto che il gruppo di pratica di cui ho parlato sopra è in lingua inglese, mi piacerebbe crearne uno in lingua italiana. Se sei interessato/a a parteciparvi, contattami in privato.
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